Pieve di Santa Giulia a Caprona
Documentata per la prima volta nel 1096 è sicuramente di origini più remote.
Pianta a croce latina, con un’unica navata provvista di abside.
La struttura è a bozze di verrucano e conci di pietra arenaria, sul portale vi era lo stemma della famiglia Bracci Cambini, che
aveva il patronato sulla pieve. Lo stemma in marmo era simile a quello che è tuttora sul pellegrinario.
La parete meridionale, libera, mette in evidenza tre differenti fasi costruttive: una porzione omogenea che termina a archetti pensili e mensole scolpite con decorazioni animali, vegetali e ad intreccio; una parte superiore con due ampi archi tamponati a tutto sesto; il campanile a base rettangolare.
Campanile : realizzato con diverse qualità di pietra alla fine del XIII secolo, ha in cima una cella con quattro aperture ad arco coronate da archetti pensili, il tutto sovrastato da un tetto a capanna.
Il fianco settentrionale delimita l’annesso cimitero e appare incompleto. Presenta quattro archi su pilastri e impostazione di un quinto, abolito per l’inserimento di una colonna di appoggio a un grande arco; uno degli archi è stato smurato nel restauro anni ’70 per fare posto al fonte battesimale, ricollocato in posizione Archi tamponati che la separavano dall’antica piccola navata laterale.
Le tamponature presentano ancora traccia delle decorazioni pittoriche a finto drappeggio, realizzate probabilmente negli anni’30 del XIX secolo.
Tre alte arcate testimoniano il tentativo di dare alla chiesa una terza navata, non per cuci-scuci (Pierotti), ma per totale sostituzione del paramento, interrotta a fine 1200. Il tipo di figurazioni è sempre il medesimo, con volti e intrecci vegetali
Altar maggiore, da chiesa di San Michele alla Verruca, con iscrizione medievale lungo il bordo.
Restauro 1977, pavimento in cotto con il motivo a lisca di pesce, da pavimentazione originaria.
Organo di Domenico Francesco Cacioli, del 1738 restauro Glauco Ghilardi nel 1983 proviene dalla chiesa della Compagnia di Calcinaia.
Testi: si ringrazia il contributo dell’Associazione Culturale Calamo